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Il concetto di coping per stimolare il processo di adattamento alla malattia

Il concetto di coping per stimolare il processo di adattamento alla malattia

 

Il tema centrale della malattia cronica riguarda come le persone fanno fronte e combattono gli effetti psicologici della malattia, quali tipi di comportamento mettono in atto, cioè quali risorse possono attivare.

Il termine inglese coping significa letteralmente “sostenere, superare, fronteggiare”. Il concetto di coping è stato creato nell’ambito della psicologia negli anni sessanta, dagli scienziati americani Lazarus e Folkman (Berkeley University) che lo hanno studiato come un processo strettamente collegato allo stress. Dove lo stress non è necessariamente patologico o negativo ma dipende da variabili ambientali (caratteristiche oggettive dello stimolo) e individuali mediate da variabili di tipo cognitivo (valutazione cognitiva dell’evento stressante): una reazione in primo luogo adattativa finalizzata a ristabilire o a mantenere l’equilibrio omeostatico.

Le Strategie di Coping sono, dunque, le modalità che definiscono il processo di adattamento ad una situazione stressante, riguardano appunto le risorse e le capacità che l’individuo mette in atto.

In base all’esito (positivo o negativo) della fase di coping, il soggetto potrà effettuare una valutazione complessiva della situazione (re-appraisal). Ad esempio, se un evento considerato minaccioso sarà sufficientemente fronteggiato, l’individuo potrà in seguito ridimensionare il senso o l’intensità della sua pericolosità; viceversa, se una persona, nonostante i suoi sforzi, non riuscisse a gestire in modo positivo una situazione stressante, potrebbe convincersi di una sua incapacità o impossibilità oggettiva di gestire quel tipo di situazione.

Queste risorse comprendono sicuramente abilità personali, sostenute da cure mediche appropriate e sostegno da parte di amici, colleghi e famiglia, che diventano particolarmente significativi. Il malato mette in atto modalità adattive di convivenza alla malattia sulla base di una riappropriazione della propria vita in tutti i suoi aspetti e sulla capacità di dare un senso alla propria esistenza, proprio quello che la malattia con le sue manifestazioni imprevedibili può compromettere. Generalmente in presenza di malattia cronica le capacità di controllo di una persona (forza fisica, abilità, risorse sociali, economiche e ambientali) sono seriamente compromesse da ostacoli propri della patologia. La persona subisce un forte stress perché avverte una discrepanza tra le richieste poste dalla situazione e le risorse di cui dispone per fronteggiarle.

Il coping può essere sia attivo, quando comprende delle azioni concrete che possono modificare o addirittura eliminare la fonte di difficoltà (per esempio, facendo gli esercizi consigliati dal terapista), solo in questo caso è considerato efficace; oppure può essere passivo quando si parla di reazioni di adattamento emotivo con lo scopo di eliminare la sofferenza emotiva legata ad un problema che non si riesce ad evitare; in questo caso il paziente lascia il controllo del proprio dolore ad altri o permette che altre aree significative di vita vengano influenzate negativamente dal dolore (uso della religione, minimizzazione del problema, sfogo di emozioni negative, isolamento, auto colpevolizzazione, catastrofismo, pensiero desideroso). Secondo tale formulazione la differenza fondamentale tra strategie attive e passive si fonda, quindi, sul fatto che il paziente faccia affidamento su risorse interne a sé o esterne nella gestione del proprio dolore.

Va sottolineato però un dato interessante: le diverse strategie di coping, siano esse attive o passive, interagiscono tra loro nel determinare risultati positivi. L’elemento essenziale per un buon adattamento è la flessibilità.

Far fronte significa saper vedere non solo le risorse disponibili nei singoli individui ma nell’intero sistema familiare, nonché nel contesto sociale. Quindi diremo che il coping, con tutte le caratteristiche già evidenziate, si manifesterà in questo caso nel:

  1. mantenimento dell’organizzazione familiare, pur attraverso modificazioni
  2. promozione dell’indipendenza e dell’autostima dei membri
  3. mantenimento dei legami familiari
  4. sviluppo e promozione dei sostegni sociali
  5. controllo dell’impatto degli eventi stressanti
  6. controllo del cambiamento nella famiglia

Organizzazione e funzionamento della famiglia sono quindi elementi importanti per definire le modalità con cui la famiglia sarà in grado di far fronte alla malattia. Lo scambio simbolico tipico delle relazioni familiari consiste nel dare all’altro ciò che si pensa abbia bisogno. Esso è sostenuto dalla fiducia che l’altro ricambierà al momento opportuno con un equivalente simbolico all’interno di un codice di reciprocità. L’ingresso di un evento traumatico, come la malattia cronica, mette seriamente in discussione il sistema dello scambio simbolico e può condurre a sintomi di evidente psicopatologia in quei casi in cui il codice di reciprocità non si trova in una posizione di equilibrio. Parliamo in questi casi di “debito negativo”. Sono questi i casi in cui un approfondimento clinico o semplicemente l’osservazione dell’intero sistema familiare può rivelarsi molto utile per il supporto dello stesso paziente.

E’ come se, ad esempio, una persona trovasse la soluzione per una sua difficoltà economica ma poi diventasse insonne: il problema concreto è stato risolto, tuttavia lo stato emozionale di ansietà permane.

Ne consegue che il coping è una strategia fondamentale per il raggiungimento del benessere. Ma, alla fine, lo stato di benessere è ciò che determinerà una migliore risposta di coping o, invece, è questa ultima che conduce l’individuo allo stare meglio? Le persone che si sentono equilibrate e felici, avranno maggiori capacità di attivare le proprie strategie ? O, al contrario, quelle che hanno risposte efficaci avranno più probabilità di sentirsi bene?

E’ una specie di reazione a catena nella quale i due sensi di direzione dovrebbero essere sufficientemente sviluppati. I meccanismi individuali di adattamento si relazionano sia alla capacità di attivare le risorse interne preesistenti, che a quella di adottarne nuove ossia alla possibilità di imparare e allargare il proprio “repertorio di strategie”.

In questa direzione si inserisce il concetto di empowerment, capacità individuale di praticare e rendere operative le proprie risorse individuali, che contribuisce al percorso individuale verso il benessere: l’equilibrio tra le volontà della persona e la possibilità di realizzarle in sintonia con il contesto in cui vive, potenziando, quindi, le sue risorse interne e quelle disponibili nell’ambiente.

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