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La genitorialità

La genitorialità

La transizione alla genitorialità: dalla diade alla triade

Un figlio rappresenta una delle massime aspirazione di una coppia: il segno visibile della loro unione attraverso un atto creativo, l’opportunità di dare una continuità alla famiglia. Una coppia che decide di avere un figlio deve costruire lo spazio mentale e fisico per un terzo: un impegnativo passaggio dalla diade alla triade. La nascita di un figlio inoltre costringe a un cambiamento nell’organizzazione familiare che coinvolge non solo la coppia ma l’intero sistema familiare allargato: genitori, nonni, zii, fratelli, sorelle devono ricoprire nuovi ruoli e ridefinire le loro relazioni.

La nascita di un figlio vincola in maniera indelebile il legame genitoriale che si viene a costituire. Il ruolo genitoriale non è pertanto cancellabile nel senso che rende irrevocabile il loro essere stati assieme. Il legame genitore figlio è inoltre per “sempre”: si può mettere fine a qualsiasi rapporto tranne che all’essere genitori.

I figli, presenti o assenti che siano, ricoprono una grande importanza nella relazione di coppia e nella sua evoluzione. Con la nascita del figlio la famiglia si trasforma in una triade e assume l’immagine di un sistema permanente e la storia familiare si arricchisce della presenza di una terza generazione.

Lo sviluppo da parte della coppia della generatività, intesa come capacità di procreare, preoccuparsi e prendersi cura della prole, è l’obiettivo principale della fase di transizione dallo status di coppia coniugale a quello di coppia genitoriale. Tale aspetto assume particolare rilievo se si considera che nella moderna società occidentale il diventare genitori rappresenta il fondamentale e ormai quasi unico “rito di passaggio” all’età adulta. Da un lato esso segnala un ulteriore momento nel percorso di individuazione dei figli, dall’altro pone le premesse per un ulteriore riequilibrio del rapporto tra le generazioni, per il superamento dei confini gerarchici tra i genitori e i figli.

Si possono distinguere due momenti nella transizione alla genitorialità:

  1. Il primo fa riferimento al processo di interiorizzazione delle funzioni genitoriali che ciascun coniuge compie a partire dalle sue relazioni con la propria famiglia d’origine.
  2. Il secondo momento è rappresentato dall’incontro che si realizza tra i coniugi e che dà luogo all’esercizio concreto delle funzioni genitoriali come prodotto del nuovo dispositivo di coppia.

La transizione alla genitorialità generalmente si considera riuscita nella misura in cui i genitori riescono a inserire in modo adeguato il figlio nella loro vita di coppia e riescono a educarlo bene, promuovendo e sostenendo la costruzione della sua identità e quando tale evento consente al figlio e ai genitori di accedere e di trarre alimento dal patrimonio valoriale delle due stirpi, materna e paterna.

L’evento nascita è caratterizzato da una grande ricchezza di processi individuali e dell’intero sistema famiglia. Essi si attivano anche molto tempo prima l’evento stesso e divengono la premessa perché si attuino quei processi di adattamento indispensabili a trovare nuove modalità di funzionamento dell’intera famiglia.

Un bambino ha bisogno di nascere nella mente dei genitori per poter trovare, quando arriva realmente, lo spazio necessario alla sua crescita vitale. Il periodo della gravidanza diventa il momento in cui la coppia costruisce questo spazio nella propria casa che si articola nella doppia dimensione di ‘casa reale’, ma anche e soprattutto, di ‘casa mentale’.

Talvolta il figlio ancor prima di nascere viene caricato di aspettative eccessive correndo il rischio di essere concepito e immaginato come uno strumento per la realizzazione personale dei genitori, anziché essere riconosciuto nel suo valore di essere umano autonomo (Scabini, Cigoli, 2000). In altri casi ancora al figlio viene assegnato il ruolo di colui che deve colmare vuoti, rimarginare ferite, dispensare cure, riparare o risarcire un genitore, o entrambi, dei danni subiti nel corso delle relazioni passate, andando a soddisfare bisogni ai quali non è stata probabilmente data un’adeguata risposta nell’ambito della relazione di coppia.

In ogni caso la nascita di un figlio può essere definita come  l’evento critico per eccellenza perché, provocando l’entrata in scena di una nuova generazione, obbliga ad una ridefinizione delle relazioni familiari ed a una conseguente nuova distribuzione dei ruoli di tutti i membri della famiglia.

Il prendersi cura del bambino, il fatto di garantirgli affetto, sicurezza, nutrimento, protezione, il suo stato di totale dipendenza, favoriscono il consolidarsi di un legame fusionale nel quale i confini tra genitori e figlio sono quanto mai permeabili ed egli è concepito come appartenente al genitore stesso.

La nascita di un figlio sortisce effetti rilevanti anche sul rapporto di coppia in quanto entrambi i membri sono impegnati nella costruzione di un noi genitoriale che risulta cruciale poiché comporta un processo di legittimazione reciproca dell’altro in quanto genitore.

Le ripercussioni sulla neo coppia genitoriale si evidenziano anche rispetto al processo di negoziazione nella suddivisione dei compiti che padre e madre dovranno svolgere. Benché a livello ideale le coppie di giovani genitori immaginano una gestione delle funzioni genitoriali improntate all’intercambiabilità dei ruoli materni e paterni, di fatto le neo madri si fanno carico della maggior parte delle incombenze legate alla gestione del figlio, mentre i padri occupano una posizione senza dubbio più marginale, relegandosi in un ruolo più tradizionale generalmente mediato dalla figura materna.

Dacché la crescita di un individuo si muove tra le due fondamentali istanze di appartenenza e di separazione, entro cui ogni individuo sviluppa sé stesso e realizza la propria individuazione, in questo lavoro di crescita i due genitori diventano i collaboratori di queste due forze propulsive, in una sorta di condivisione di compiti, cosicché “mentre la madre resterà sempre la condizione dell’esistere, il ruolo del padre è quello di aiutare ciò che esiste a divenire” (Gaddini, 1985), ovverosia mentre alla madre è affidato il compito di essere custode dell’appartenenza (del legame), spetterà al padre sostenere e supportare la spinta verso l’individuazione.

Ancor prima di essere padre e madre, queste due persone sono essenzialmente membri di una coppia che svolgono, l’una nei confronti dell’altro, l’importante e peculiare funzione di coniuge. Uno dei rischi più comuni nella nostra cultura è quello di relegare in una posizione marginale il ruolo di coniuge rispetto a quello di genitore, cosicché diventando padre e madre si tende a mettere a riposo il marito e la moglie.

Esercitare la funzione paterna significa essere impegnato sui due versanti: favorire l’individuazione/separazione dei figli e custodire lo spazio della coppia. Tale funzione diviene fondamentale giacché la coppia ha bisogno, per vivere, di uno spazio proprio che non è condivisibile con altri, né può tollerare invasioni da parte di altri (figli o genitori, per esempio). La preservazione dei confini dei diversi sottosistemi familiari, sottosistema coniugale e sottosistema dei figli, è un’importante indice di salute del sistema famiglia. Laddove vi è uno sconfinamento, una confusione di ruoli, un’inversione delle funzioni svolte, si apre la porta alla patologia.

La funzione genitoriale richiede la capacità di educare, guidare, nutrire, allevare controllare la progenie. Ovviamente l’equilibrio tra queste mansioni dipende dai bisogni evoluti dei figli e dall’abilità dei genitori. La funzione genitoriale richiede necessariamente un continuo adattamento dacché  ciò che può essere corretto e idoneo fare nei confronti di un bambino non può esser altrettanto valido laddove ci si trova di fronte ad un adolescente. Da ciò deriva la complessità del processo educativo.

In ogni caso ciò che deve rimanere indiscussa è l’autorità del genitore così come il ruolo di controllore e guida dei figli nel percorso di socializzazione, un ruolo che non può essere abdicato.

padre e figlio mano

L’adolescenza dei figli è un altro evento critico che rende necessario un aumento della flessibilità dei confini familiari indispensabile affinché l’adolescente possa intraprendere il proprio cammino verso l’autonomia.

E’ proprio in questo periodo del ciclo vitale della famiglia che diviene pressante l’esigenza di avviare un processo di reciproca separazione, che comporta un adeguamento nella relazione genitori-figli. Ciò implica un doppio movimento, da parte dei genitori che devono ridefinire gli obiettivi del rapporto di coppia e ripensare ad una progettualità personale, e da parte dei figli che devono impegnarsi nel processo di individuazione.

Quando i figli crescono possono iniziare a rifiutare le regole imposte dai genitori e avanzare, in maniera più o meno chiara, delle richieste nuove.

Così l’adolescente comincia ad acquisire elementi sul suo senso d’identità mentre i confini intergenerazionali nella famiglia diventano più permeabili, tanto che si può arrivare a sentire compromesso il senso d’integrità e d’identità del gruppo familiare.

Uno dei compiti più difficili da assolvere riguarda il processo di regolazione delle distanze, poiché il sistema deve far fronte a due richieste tra loro contraddittorie: da una parte deve aumentare la flessibilità dei confini familiari per favorire lo svincolo dai e dei figli, dall’altra deve preservare la vicinanza, garantendo ai figli la protezione necessaria affinché possa avvenire una sana sperimentazione ed esplorazione del mondo esterno.

Se i compiti di guida e di controllo dei genitori diventano deboli, il figlio corre il rischio di danneggiarsi in quanto non sufficientemente “contenuto” nei suoi processi decisionali. Viceversa genitori eccessivamente dominanti possono ostacolare la maturazione impedendo contatti sufficienti con i pari e con altri adulti significativi che possono costituire utili modelli di riferimento.

Il sistema familiare deve essere pronto ad assolvere il compito richiesto: il cambiamento individuale e familiare, che non solo mette in discussione le relazioni interne alla famiglia, ma deve consentire anche l’articolazione con gli altri sistemi relazionali (in particolare coetanei e adulti) a cui l’adolescente si rivolge per soddisfare le sue esigenze di crescita.

Lo spazio familiare è costretto ad un riaggiustamento complessivo e l’adolescenza diventa momento di verifica, “punto di non ritorno” (Rapaport, 1962) della organizzazione relazionale familiare e delle capacità della famiglia di promuovere e sostenere il cambiamento.

L’adolescenza avvia quindi quel processo di graduale emancipazione dei figli dai genitori (e viceversa!) che condurrà al pieno compimento dello svincolo nel corso della fase iniziale dell’età adulta.

Bibliografia

  • Brigitte Camdessus (1991) I nostri genitori invecchiano. Raffaello Cortina Editore
  • Scabini, V. Cigoli (2000) Il famigliare. Legami, simboli e transizioni. Raffaello Cortina Editore
  • Cirillo, R.Berrini, G. Cambiasio, R. Mazza (1996) La famiglia del tossicodipendente. Raffaello Cortina Editore
  • Pietropolli Charmet (2000) I nuovi adolescenti. Raffaello Cortina Editore
  • Murray Bowen (1979) Dalla famiglia all’individuo. Casa Editrice Astrolabio
  • G. Cancrini, L. Harrison (2002) Due + Due non fa ancora quattro. Armando Editore
  • Andolfi (2004) Il padre ritrovato. Franco Angeli Editore
  • Malagoli Togliatti, R. Ardone (1994) Adolescenti e genitori. La Nuova Italia Scientifica
  • Nicolò, G. C. Zavattini (1994) L’adolescente e il suo mondo relazionale. La Nuova Italia Scientifica